Programma aperto


PROGRAMMA OPEN SOURCE


La lista civica fare comune è un laboratorio sociale che si pone l’obiettivo di mobilitare le energie sociali che non si sentono più rappresentate dalle attuali forme associative e partitiche esistenti. Crediamo sia tempo di costruire e delineare, assieme a tutti coloro che ne sentono l’esigenza, un nuovo orizzonte di opportunità per la città di Rimini.
Crediamo che la politica vada radicalmente ripensata a partire dal modo in cui si è governata la città in questi ultimi anni. Occorre mettere a tema la città, il suo disagio, le sue contraddizioni. Occorre mostrare i limiti delle attuali pratiche amministrative. Occorre riprendere in mano i destini della città, del territorio, sviluppare una nuova forma di democrazia che vada oltre la delega ai partiti. Occorre pensare a una democrazia assoluta basata sul riconoscimento contemporaneo delle molteplicità sociali e culturali presenti sul territorio. Occorre dare voce a esponenti della società civile in grado di dare vita a un nuovo sapere sulla città e della città che attraversi e ripensi le retoriche dominanti senza alcun timore verso l’esistente assetto politico.
Il presente documento vuole essere una “piattaforma programmatica aperta, un programma open source, un progetto in itinere da sviluppare attraverso un confronto diretto con la popolazione e capace di dialogare con le diverse competenze della città. S'intende sviluppare una cornice che vada aldilà dell'idea di rappresentanza, uno strumento concreto di partecipazione e di inclusione di persone provenienti dalla società civile che siano in grado di esprimere una tangibile discontinuità con le scelte politiche degli ultimi anni.
Concretamente, intendiamo liberare le energie sommerse che animano, e possono incrementare il valore aggiunto di comunità e impresa della città di Rimini. Se vogliamo costruire un nuovo orizzonte per la città non possiamo limitarci ad attrarre investimenti dall’esterno, concentrando le risorse pubbliche in grandi eventi e opere faraoniche. Piuttosto, è necessaria un’azione che assecondi e incentivi le forze più dinamiche, lungimiranti e solidali che animano Rimini. Una imprenditoria sociale che sappia guadagnare senza distruggere il territorio, senza impoverire chi lavora, ma che al contrario sappia sviluppare la parte migliore della città.
In questo senso, pensiamo di attivare un rinnovamento su più livelli. Rinnovare la spiaggia non attraverso una razionalizzazione degli stabilimenti balneari ma piuttosto attraverso l’incentivo di una innovazione architettonica che passi, ad esempio, attraverso l’utilizzo creativo delle energie alternative o della progettualità/creatività locale. Rinnovare la socialità della città ripensando i grandi spazi pubblici rimasti e sempre più in declino (teatri, biblioteche, scuole), valorizzando iniziative sociali e culturali dal basso. Rinnovare la cultura della città in modo da renderla più capillare e condivisa, anziché reclusa in spazi ed eventi isolati. Rovesciare il modello di sviluppo economico impostato dall’alto e volto un’opera di razionalizzazione e concentrazione di cui beneficiano perlopiù le grandi rendite parassitarie.
A questo proposito un discorso chiaro va fatto rispetto ai servizi pubblici. Noi crediamo che esistano alcuni ambiti ben delimitati in cui l’amministrazione comunale debba giocare una parte attiva, diretta e preponderante. Questi servizi sono ad esempio l’educazione della prima infanzia, alcune forme di assistenza socio-sanitaria (assistenza domiciliare, preservazione di punti di assistenza nei quartieri per maternità, persone anziane, cronici), l’edilizia popolare, etc.
Senza alcun pregiudizio sugli enti privati attivi in questo settore, intendiamo opporci ad alcune scelte di comoda esternalizzazione dei servizi ad organizzazioni private che rischiano di abbassare i livelli di qualità del servizio erogato e di peggiorare le condizioni contrattuali dei lavoratori coinvolti (ingenerando un pericoloso circolo vizioso). Vogliamo anche che alcuni servizi mantengano un alto standard, in quanto sono virtuosi da un punto di vista economico e sociale – una buona assistenza domiciliare, ad esempio, consente non solo un migliore tenore di vita per i degenti, ma anche un risparmio per tutti grazie a una minore ospedalizzazione.
FARE COMUNE, quindi, significa un impegno in prima persona – il PARTECIPARE – al servizio della costruzione del COMUNE, di spazi di partecipazione alla vita pubblica che vadano oltre il Mercato e oltre lo Stato, di un movimento di riappropriazione dei territori a partire dalle persone che lo vivono. Il comune è un laboratorio per la pratica sociale dello sviluppo della città, il comune è condivisione, il comune è un orizzonte oltre la mercificazione e lo sfruttamento, il comune è cultura della differenza. Il comune è una forma di organizzazione che crea una visione della città attraverso la condivisione e l’inclusione.


AMBIENTE E TERRITORIO
L’ambiente è la nostra casa: il territorio su cui viviamo, le acque che lo percorrono e ne permettono la vita, l’aria che lo avvolge, costituiscono l’essenza (unitamente ai nostri rapporti sociali) di ciò che noi oggi siamo e di quello che potremo essere.
L’aumento della popolazione e delle attività umane, ha reso sempre più difficile la possibilità per il pianeta di fornire ciò che viene consumato. Un futuro perciò appare possibile solo a partire da una gestione sostenibile dell’ambiente. Questo approccio è realizzabile solo in una visione che passi dal considerare le risorse della natura non un semplice terreno di speculazione economica e di conseguente sfruttamento intensivo ma un bene comune da preservare, fonte di reddito continuativa e durevole, secondo un concetto non legato all’acritico parametro che è il PIL ma al reale benessere dei cittadini e al minimo consumo delle risorse a nostra disposizione. Questo accompagnato ad una gestione ottimizzata dal basso (democratica) delle risorse stesse, intese come bene comune.
L’ambiente e conseguentemente le istituzioni che lo riguardano (in particolare, riguardo il municipio di Rimini, l’Assessorato alle Politiche Ambientali ed Energetiche) devono oggi assumere un ruolo di straordinario rilievo, non solo di controllo e gestione dell’esistente ma di tipo strategico. La gestione sostenibile (ed efficiente) del territorio è una parte portante del rilancio di un welfare che può trovare risorse proprio in questa direzione. Si tratta di guidare la città di RIMINI verso una transizione epocale, dove margini di reddito vengono recuperati su questo versante con un contemporaneo miglioramento della qualità della vita (transition town).
Esistono quindi queste direttrici principali per lo sviluppo dell’azione:
Il Territorio. È un concetto che va ben oltre il semplice suolo, perché ad esso deve essere associata la storia delle attività sviluppate su di esso da chi ci ha preceduto, contribuendo alla costruzione del paesaggio che ci identifica e che è parte basilare della nostra cultura. Il territorio, dalla sempre più alta presenza umana (prov. di RN ai massimi della regione e d’Italia per densità abitativa) e dalla conseguente cementificazione e antropizzazione che ne è derivata, e le attività che su di esso si svolgono, danno allo stesso caratteristiche di tipo metropolitano, una unica area che, quasi senza soluzione di continuità, scorre da Milano Marittima a Gabicce spingendosi all’interno in un triangolo che culmina con la Repubblica di San Marino. Scendendo da Bologna lungo la via Emilia si tratta dell’insediamento maggiore dopo il capoluogo. In più la vocazione turistica tradizionale sviluppatasi sulla costa ha incrementato ulteriormente il numero e la densità delle costruzioni, tanto da creare il termine a tutti noto come riminizzazione. Si pone quindi, in modo urgente, il problema di una salvaguardia delle residue zone verdi, di tipo non generico e non diverso da quello adottato per le grandi aree metropolitane. La difesa del residuo territorio dell’entroterra (e della sua antica vocazione agricola) diviene prioritario. Il verde va inteso il più possibile come riproposizione della vegetazione allo stato naturale. La flora naturale (inserita all’interno di aree urbane) permette infatti anche la conservazione e la creazione di corridoi ecologici necessari al mantenimento dell’equilibrio tra esseri viventi e della biodiversità, oltre naturalmente contribuire alla qualità dell’aria ( ricordando che all’abbassamento della concentrazione di CO2, ed all’assorbimento di nano polveri e nano particelle, si concorre innanzitutto aumentando la presenza di boschi, boschetti e siepi). Questi spazi devono essere situati in ambiti comuni (parchi e giardini).


Quanto al territorio si propone di:
  • acquisire ulteriori aree di particolare interesse ecologico e culturale da rendere pubbliche e, inoltre, di effettuare un efficace controllo sulla gestione di tutto il patrimonio verde (anche privato), identificando anche bonus da devolvere a chi mantiene terreni a verde di qualità.
  • attuare un blocco dell’ulteriore espansione dei piani residenziali indiscriminati e finalizzati alla sola rendita immobiliare. Quindi STOP alla logica dei motori immobiliari. Priorità al recupero di patrimonio esistente (ristrutturazioni). Inserimento di norme restrittive in direzione di bioedilizia e abitazioni impatto zero.
  • Rivedere la logistica urbana in senso sostenibile (parcheggi periferici di scambio, veicoli elettrici e installazione di reti informatizzate per rifornimento energia, metropolitana su linea ferroviaria con linee di scambio mare-monte). Riordino linee servizio TRAM (in particolare collegamento con entroterra, ormai urbanizzato, da estendere come luoghi collegati, vedi Iper Befane, e come orari, comprese ore serali). Ulteriore incremento piste ciclabili e consolidamento del Bike Sharing. Sperimentazione di forme innovative di mobilità condivisa a costo zero come ad esempio il sistema Jungo. Eliminazione delle barriere architettoniche.
  • razionalizzare i flussi di trasporto materiali che attraversano il territorio. In particolare, il posizionamento di magazzini e corrieri, dogana e utilizzo di mezzi ecologici (in tendenza elettrici) per la distribuzione a corto raggio.
  • Improntare la gestione dei rifiuti alle pratiche della strategia Rifiuti Zero, In maniera graduale, quindi, operare tutte quelle pratiche di riduzione, riutilizzo e riciclaggio che portino ad un utilizzo tendente a zero di inceneritori e discariche. Massimo sviluppo del porta a porta e delle isole ecologiche (incremento di posti di lavoro e recupero reddito) e degli impianti di trattamento e freddo e compostaggio. Introduzione di modalità pagamento rifiuti riferite alle effettive quantità prodotte.
  • proseguire nell’intenzione di definire protocolli rigidi di sostenibilità dei grandi eventi che caratterizzano il nostro territorio (Energia sostenibile, Rifiuti Zero).
  • sviluppare la gestione intelligente dell’autonomia energetica locale attraverso fotovoltaico, solare termico (sia attraverso pannelli termici per l’acqua calda che per produzione di energia elettrica con il CSP) eolico, geotermico.
  • limitare al massimo l’utilizzo del metano (riduzione di CO2) a favore di sistemi basati su pompe di calore, geotermia e/o elettricità verde.
  • consolidare l’Agenzia per le Energie Rinnovabili (provinciale). Proposta di piano con le aziende del territorio per la sostenibilità energetica. Incremento fino al 100% della autoproduzione relativa agli edifici di proprietà comunale.
  • incrementare le attività SPORTELLO ENERGIA, in particolare per gli interventi di efficienza energetica. Predisposizione sistemi di monitoraggio delle emissioni di ogni edificio pubblico e del relativo risparmio. Incentivazione per i privati di analoghe azioni. Prosecuzione di progetti e collaborazioni con reti di altri comuni italiani ed europei (tipo 3x20NET).
  • riqualificare le strutture ricettive secondo il principio di zero emissioni (utilizzo di pannelli solari fotovoltaici e termici, geotermia).
  • rifiutare in modo netto QUALUNQUE INSEDIAMENTO LEGATO ALLA PRODUZIONE di ENERGIA ELETTRICA DA NUCLEARE TERMICO.


Quanto alle acque si propone di:
  • ampliare i PARCHI FLUVIALI (Marecchia)al ma anche cura verso i corsi minori (Ad es. l’apertura di canale secondario parco Marecchia per scorrimento acqua dolce nell’alveo del ponte di Tiberio), ricordando il ruolo indispensabile di corridoi ecologici svolto da questi corsi. Fondamentale la difesa del reticolo raccolta acque rurale (in molti casi risalente alla centuriazione romana).
  • realizzare un sistema fognario che preveda la separazione tra le acque nere, quelle bianche e le vasche di prima pioggia. NO scarichi a mare.
  • ribadire che è un diritto della comunità accedere a questa risorsa (senza che venga esercitata alcuna speculazione). Si intende proseguire anche all’installazione di fontane di distribuzione dell’acqua potabile gratuita.


Quanto all’aria si propone di:
  • limitare al massimo ogni tipo di processo di combustione: priorità ai veicoli elettrici, alla climatizzazione da energia rinnovabile (geotermia ed energia da fotovoltaico). Riduzione graduale fino sostituzione con soluzioni alternative processi di incenerimento e produzione energia e calore da carburanti fossili. Dove questo non è attuabile va recuperata al massimo l’energia mediante cogenerazione. L’aria vvolge il pianeta e ne costituisce l’atmosfera, non solo determina la vita di noi terrestri ma assume in se i delicati equilibri che sovraintendono ai cicli climatici dello stesso. Le veloci alterazioni causate dalle attività umane (primo fra tutti l’aumento della concentrazione di CO2) stanno determinando cambiamenti climatici con contraccolpi devastanti. A questo si deve aggiungere l’aumento di nano polveri e nano particelle, nonché quello, sempre più grave, della diossina.
  • riconsiderare il sistema viario evitando ulteriore aumento asfalti. Terminare l’attuazione delle rotatorie e puntare su parcheggi (attrezzati in modo sostenibile e con pensiline fotovoltaiche) periferici con navette elettriche verso i luoghi centrali.


Quanto al mare si propone di:
  • salvaguardare il litorale e recuperare la tradizione marina della città.
  • rilanciare il porto e le attività cantieristiche.
  • difendere e aumentare le SPIAGGE LIBERE.
  • rifiutare ogni grande opera che non sia autenticamente innovativa come, ad esempio, una isola artificiale off-shore ad autonomia energetica.
LA LEGALITA’ NELLA SPIAGGIA
Riportare la legalità sulle spiagge ha finora significato una lotta intransigente all’abusivismo migrante. Si tratta in altre parole di cacciare i “neri” e i “gialli” che “infestano” le spiagge con una retorica e una violenza da far impallidire le giunte leghiste. Le azioni delle forze dell’ordine nella lotta agli ambulanti sulle spiagge hanno portato Rimini alla ribalta delle cronache nazionali ancora di più di quanto non abbia fatto la Notte Rosa. L’effetto di tali azioni si è riversato immediatamente sui turisti e sui bagnanti che hanno visto irrompere sui luoghi in cui cercavano benessere degli scenari polizieschi con inseguimenti, manganellate e uso non solo di automezzi ma anche di elicotteri. Più in generale, però, è stata l’immagine della città a uscire lesa da questa campagna che ha cercato d’imporre con la violenza una legalità solo di facciata.
La parzialissima retorica corrente della legalità ha infatti dimenticato di mettere sotto controllo i nuovi attori subentrati con la ristrutturazione del settore economico legato al turismo. I tentativi meno lungimiranti di far fronte al lento ma inesorabile declino di presenze turistiche nel territorio riminese hanno dato vita a un riassetto strutturale ispirato, anche con il sostegno delle amministrazioni comunali, alla concentrazione delle strutture e all’arrivo di attori economici di peso maggiore. Gli scioperi selvaggi dei lavoratori stagionali degli alberghi che per la prima volta hanno fatto irruzione nella costa romagnola hanno mostrato i limiti di questo progetto.
Diversi alberghi sono stati chiusi per questa ragione. Diverse centinaia di turisti si sono visti di colpo interrompere o addirittura sospendere le proprie vacanze. Una volta venuti a conoscenza delle condizioni lavorative degli alberghi da loro scelti, diversi di loro, nonostante la scomodità della loro posizione, hanno dimostrato la loro solidarietà nei confronti di tutto il personale impegnato a ottenere il frutto del proprio lavoro. Una inchiesta pubblicata sul sito dell’Espresso ha denunciato la diffusione del pizzo pagato da lavoratori stranieri per lavorare in condizioni irregolari nel nostro territorio.
Intenso sfruttamento del lavoro italiano e migrante, ricatti sul luogo di lavoro, stipendi non pagati per mesi, apertura a imprenditori senza alcuna credibilità nel settore sono tutti aspetti che rischiano seriamente di abbassare la qualità dei servizi della riviera riminese, di travolgere l’immagine del territorio e, con esso, l’intero tessuto economico legato al turismo. Insomma, la nuova configurazione organizzativa delinea una illegalità profonda che rende il settore economico del turismo non solo delinquenziale, ma anche miope, asfittico, senza una prospettiva. Si seminano in questo modo i semi di un’illegalità che penetra nel tessuto culturale e sociale oltre che economico. Si rischia così seriamente di compromettere in modo irreversibile il territorio, la sua immagine e le sue prospettive.
Intendiamo opporci a questa deriva del consumo selvaggio del territorio cercando di valorizzare i suoi settori più virtuosi e alimentando una iniziativa sociale e imprenditoriale tesa a riconquistare il possesso del territorio. Il mare e la spiaggia sono un bene comune di cui tutti usufruiscono e a cui tutti devono/possono partecipare. Non si tratta solo di creare un maggior volume di ricchezza, ma anche e soprattutto di quale risorse valorizzare per farlo e quali canali questa ricchezza irriga. Non possiamo tollerare un sistema che impiega solo lavoratori in modo irregolare, perlopiù stranieri, per imporre nei rapporti di lavoro meccanismi di sfruttamento intollerabili.
Al contrario, dobbiamo pensare a una spiaggia di tutti, che conservi e valorizzi i lembi di spiaggia libera, che promuova un’imprenditorialità cooperativa e dal basso nella ristrutturazione dei vecchi spazi albergheri caduti in disuso, che ricostruisca l’ospitalità romagnola a partire dal rispetto del lavoro e dell’ambiente e da iniziative d’intrattenimento che sappiano mettere a frutto la rete di socialità del territorio.
Per questo si propone di:
  • introdurre una certificazione di qualità dell’ospitalità romagnola. Promuovere un controllo di qualità delle strutture alberghiere gestito direttamente dall’associazione di categoria che assicuri tra l’altro criteri certi nel trattamento del lavoro.
  • il vigile della spiaggia. Istituire controlli dell’occupazione di suolo pubblico e di evasione fiscale negli esercizi legati al turismo e negli stabilimenti balneari;
  • la riviera di tutti e per tutti. Promuovere iniziative imprenditoriali dal basso e cooperative nel settore alberghiero e nel settore della promozione turistica e dell’offerta culturale. In particolare, questa proposta va declinata con il riutilizzo delle strutture in disuso come le ex-colonie.


WELFARE LOCALE
Il mantenimento, il rafforzamento e la gestione del Welfare cittadino, sono oggi uno degli elementi che possono differenziare senza equivoci un governo locale di centro sinistra da uno di destra. Ci poniamo il compito di rivendicare istanze di welfare locale, denunciarne le lacune e le facili scorciatoie economicistiche e contemporaneamente proporre soluzioni che salvaguardino sia la qualità del servizio erogato, sia il rispetto dei diritti dei lavoratori impegnati nel settore.
La situazione, ne siamo consapevoli, non è facile: i tagli progressivi ed esponenziali deliberati nelle ultime finanziarie nazionali rappresentano un ostacolo ad uno sviluppo del welfare che metta al centro i bisogni della cittadinanza. Questo però non può diventare un alibi per un amministrazione di centro sinistra per promuovere privatizzazioni selvagge dei servizi o soppressione degli stessi.
La pratica politica di gestire i servizi attraverso la logica del risparmio a tutti costi, negli ultimi anni messa diffusamente in pratica anche nella nostra municipalità, non ha molto da spartire con il bisogno di sostenere le fasce di popolazione meno abbienti. Ancor peggio molto spesso le poche risorse economiche disponibili vengono impegnate per favorire l’aumento dei profitti di categorie già più che benestanti, sulle quali si concentrano le attenzioni politiche al fine di consolidare il consenso elettorale.
La crisi economica e l’incapacità di intervenire per tutelare le fasce più deboli dei cittadini si sta facendo sentire anche a Rimini da alcuni anni e di fronte a scelte forzate di bilancio, si decide di tagliare il Welfare piuttosto che le politiche di investimento per favorire le categorie sociali più avvantaggiate.
Alcuni esempi: dal 2001 ad oggi il fondo per l’emergenza abitativa gestito dal Comune di Rimini si è ridotto da 270.000 euro annui a 90.000, così come si è ridotta di oltre il 30% la quota parte del Comune sul Fondo sociale nazionale per l’affitto, strumento che pur con tutti suoi limiti evita ancora oggi la morosità a centinaia di famiglie,molti progetti validi di supporto a famiglie in difficoltà e più in generale per soggetti disagiati sono stati interrotti,mentre nuove proposte quali quelle di un centro a bassa soglia per le povertà estreme ed il disagio psico-sociale non hanno trovato la benché minima attenzione. Nel bilancio in approvazione a febbraio sono stati previsti enormi tagli per il sostegno scolastico all’handicap e al capitolo immigrazione integrazione, che passa da 100.000 euro del 2010 ai 25.000 per il 2011, così come sono previsti aumenti per le rette su servizi per la prima infanzia, per le mense degli stessi e per tutti i servizi a domanda individuale. In questo modo si impedisce l’accesso a famiglie non in grado di sostenere un carico economico così elevato. Si fa sempre più forte inoltre, la tendenza alla esternalizzazione dei servizi, mense scolastiche, piscina comunale, ausiliari scolastici,mentre è stato scongiurato solo all’ultimo minuto quello del servizio educativo di nuove sezioni di asili nido e scuole materne.
È il momento di fare una scelta inequivocabile che va detta con chiarezza alla popolazione:. Il Welfare cittadino va rafforzato e non demolito. I servizi pubblici rappresentano un patrimonio non vendibile ne tantomeno sacrificabile, le risorse necessarie vanno trovate a nostro parere tagliando i supporti sempre e comunque cospicui messi a disposizione per eventi, progetti, infrastrutture che fino a oggi non hanno minimamente contribuito ad un redistribuzione del reddito, e la crescita di nuove professionalità locali, visto che l’economia turistica è ancora troppo fondata sul lavoro nero e sulla negazione di un salario adeguato ai lavoratori stagionali.
Anche le grandi opere prodotte nell’ultimo decennio non hanno portato ad un qualitativo aumento dei posti di lavoro. Gli ipermercati ed anche l’ente fiera (di proprietà, ricordiamolo, in buona parte del comune di Rimini) stanno producendo per lo più posizioni di lavoro precarie che non permettono una stabile ed efficace redistribuzione delle ricchezze.
Proponiamo inoltre di reperire i fondi necessari al mantenimento ed al potenziamento dello stato sociale cittadino tramite:
  1. Una nuova politica degli eventi di promozione degli eventi turistici, non più l’ente locale che finanzia in toto tali eventi, ma le categorie economiche che traggono i maggiori vantaggi economici dalle manifestazioni, devono farsi carico dei costi delle stesse.
  2. Le aziende di proprietà o a maggioranza di proprietà pubblica devono mettere gli utili a disposizione del Comune, il quale può impiegarne, se necessario, una parte in parte corrente, supplendo così, ai tagli di gettiti attuati ogni anno dal governo Nazionale. Non è più possibile avere aziende pubbliche, edificate e finanziate interamente con fondi del Comune (vedi Ente Fiera) che praticano con gli attivi economici, operazioni di speculazione finanziaria fuori dal territorio comunale e addirittura nazionale non producendo nessun effetto positivo sull’economia della città in termini di creazione di nuovi posti di lavoro dipendente o di maggiore indotto.
  3. Intensificare la lotta all’evasione fiscale sulle tasse locali con particolare attenzione alla evasione della tassa di occupazione del suolo pubblico. Specie durante la stagione estiva gli esercizi commerciali turistici, soprattutto bar e ristoranti, evadono parzialmente o totalmente questa tassa, senza che il Comune abbia mai attuato puntuali controlli su questa forma di illegalità diffusa. Riteniamo che il recupero dell’evasione della C.O.S.A.P. porterebbe nelle casse del Comune somme cospicue da impegnare per i servizi sociali.


Un discorso a parte va fatto (cfr sezione ambiente e territorio) rispetto alla necessità di promuovere politiche energetiche attraverso l’utilizzo di fonti alternative e rinnovabili per il fabbisogno del patrimonio pubblico(dall’illuminazione stradale al riscaldamento degli edifici comunali) che negli anni porteranno notevoli risparmi anche questi impiegabili per il mantenimento del Welfare.




GESTIONE DEI SERVIZI
Come si diceva in premessa da tempo il partito democratico, a Rimini così come in Emilia Romagna nei comuni dove governa, sta attuando un progressivo smantellamento della gestione pubblica dei servizi al cittadino compresi servizi sociali nevralgici quali i servizi per la prima infanzia, l’assistenza domiciliare per anziani ed Handicap, strutture residenziali e semi-residenziali di ricovero ecc.
Il concetto di “delega”al privato più o meno sociale, viene portato avanti poco curandosi di 2 fondamentali aspetti: 1) La qualità del servizio erogato; 2) i diritti e le garanzie per i lavoratori impiegati in quei servizi.
A Rimini ci sono molti servizi esternalizzati gestiti in modo piuttosto approssimativo e poco professionale. Ciò rischia di determinare uno scontento generale da parte della cittadinanza che usufruisce di quei servizi. Tutto questo anche su rami di intervento che interessano soggetti deboli, che potranno risentire psicologicamente e fisicamente di quel disservizio.
La qualità del servizio e le garanzie dei lavoratori sono fattori estremamente collegati: il lavoratore sottopagato, oberato di carichi di lavoro, in una condizione di precarietà contrattuale e spesso senza garanzie pensionistiche, soggetto a flessibilità selvaggia, impossibilitato di accedere ad una formazione di qualità, non potrà svolgere al meglio le proprie mansioni. Questo sembra preoccupare troppo poco l’amministrazione Comunale che cerca quasi esclusivamente il risparmio sui bilanci anche a costo di ridurre drasticamente la qualità e chiudendo entrambi gli occhi sul fatto che denari pubblici servono a foraggiare situazioni di lavoro nero o parzialmente nero, dove spesso vengono applicate le peggiori formule contrattuali previste dalla normativa vigente.
Solo grazie all’opposizione di alcuni consiglieri (Fabio Pazzaglia, Eugenio Pari) pochi mesi fa è stata scongiurata l’esternalizzazione della gestione dei 2 nuovi plessi di asili nido e scuole materne di nuova edificazione.
Noi siamo per una gestione secondo criteri pubblici dei servizi, anche se crediamo indispensabile promuovere forme organizzative innovative e attente alla qualità del servizio, specie quelli riguardanti i soggetti più vulnerabili.
Si può in tal senso ipotizzare, causa i limiti posti dal patto di stabilità e dai tetti di spesa per il personale imposti ai comuni dal ministro Tremonti, un coinvolgimento nella gestione di aziende pubbliche quali A.S.P. A.S.L. o altre, che permetterà di bypassare il decreto (così come è stato fatto in occasione dei plessi sopracitati) e consentirà un potere decisionale e di indirizzo all’Amministrazione Comunale in modo diretto e non limitato a funzioni di “controllo” sull’operato della ditta appaltatrice, che fino ad oggi è stato solo un paravento inefficace e mai realmente attuato.


SANITÁ PUBBLICA
La salute intesa non come semplice assenza di malattia, ma come completo benessere fisico, psichico e sociale (def. OMS) dovrebbe essere uno dei diritti primari dell'uomo. La nostra regione in fatto di politiche per la salute è sempre stata all'avanguardia, non solo a livello nazionale ma direi a livello mondiale. Detto questo si deve prendere atto che negli ultimi anni, anche nel nostro territorio, le politiche per la salute sono state indirizzate verso una sempre crescente aziendalizzazione e privatizzazione dei servizi sanitari, niente di più lontano da ciò che i nostri padri avevano conquistato con le loro lotte sociali.
Questa politica ha avuto il fine di poter ridurre la spesa sanitaria da parte delle Ausl ma ha fatto ricadere i costi direttamente sui cittadini.
Il sindaco di una città, secondo il Dlg 299/99 (decreto Bindi) ha poteri di programmazione, controllo e giudizio sull'operato del direttore generale delle Ausl, e questo ruolo può e deve influire sulle politiche per la salute messe in atto nel nostro territorio. Un qualsiasi governo ed anche una semplice giunta comunale ha il dovere di occuparsi di un diritto inalienabile dell'uomo (o Bene Comune) come la salute e fare in modo che sia gratuito e del massimo livello qualitativo possibile.
Il miglioramento dei livelli di salute si basa su alcuni prerequisiti fondamentali tra cui la pace, l’abitazione, l’istruzione, il cibo, un reddito soddisfacente, un ecosistema stabile, le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l’equità sociale. La linea politica messa in atto, in ambito sanitario, dovrebbe quindi contrastare la mercificazione della salute, contrastare tutte le forme di business, lottizzazione e profitto che vi girano attorno. Si deve in altre parole agire per un effettivo benessere fisico, psichico e sociale della persona.
Una seria politica pubblica per la promozione della salute deve quindi prendere in considerazione non solo la cura delle malattie presenti, ma spendersi maggiormente nell’ambito della prevenzione (primaria, secondaria e terziaria) delle malattie stesse. Questo tipo di linea prevede un investimento notevole iniziale, ma con un risparmio di risorse nel lungo periodo ed una migliore qualità della vita delle persone (anche se non immediatamente percepibile).
Pertanto si propone di:
  • migliorare le condizioni ambientali di vita (salubrità dell'ambiente) e di lavoro (prevenzione infortuni e malattie professionali) che spesso sono la prima causa di malattia della popolazione, rafforzando i servizi che già esistono (e che lavorano bene ma cronicamente sotto organico) . A riguardo è importante specificare che la promozione della salute non può essere una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma deve essere gestita in maniera interdisciplinare e sinergica con altre organizzazioni competenti.
  • privilegiare una distribuzione territoriale dei presidi medici. Creare poliambulatori di quartiere che offrano prestazioni gratuite specialistiche, strumentali e laboratoristiche (compresi anche Sert, centri di salute mentale, consultori) in coordinamento con i medici di medicina generale.
  • potenziare l’assistenza domiciliare, che oltre a ridurre i costi permette anche una migliore qualità di vita dei pazienti (evitare quando possibile l’ospedalizzazione del malato).
  • mettere in pratica (già esistono ma non sono messi in opera adeguatamente) programmi educativi sulla salute per giovani, meno giovani ed anziani (educazione alimentare, allo sport, all'ambiente, al vivere sano...).
  • ridurre al minino se non abolire, la brutta pratica del delegare a strutture accreditate le prestazioni sanitarie.
  • abbattere dei tempi delle liste d'attesa per prestazioni sanitarie.
  • promuovere la salute tra i migranti (che siano regolari o no non può e non deve interessare) e pieno accesso alle cure di base, specialistiche e d'urgenza.










SPAZI SOCIALI E CULTURALI
Una città delle culture, una cultura della città. Rimini è una città che per vocazione storica e geografica abbisogna di fermentare una cultura dell’incontro e della diversità. Questo è il territorio intangibile che oltre che tessere i legami sociali dovrebbe sostenere la sua economia e il suo immaginario.
Negli ultimi anni la cultura cittadina non è stata in grado di esprimere la sua potenzialità. Molti sono gli elementi che confermano tale andamento negativo.
Primo fra tutti il progressivo degrado del centro storico, che da componente essenziale dell’identità del territorio, in quanto ne esprime le radici storiche e monumentali, è sempre più diventato uno spazio disabitato sia commercialmente che socialmente. Gli unici spazi che continuano ad abitarlo sono quegli spazi di mero consumo e divertimento che pur essendo importanti non sono sufficienti a sollecitare la continua produzione di ricchezza di questa preziosa area della città. Il rilancio del centro storico come luogo di incontro e produzione di saperi comuni è uno degli obiettivi prioritari di questa lista.
L’amministrazione contrariamente a quanto noi auspichiamo ha cercato di mercificare ulteriormente le poche attività sociali che si generano nel centro storico.
Pertanto si propone di:
  • pedonalizzare integralmente il perimetro urbano interno alle mura è una premessa indispensabile per raggiungere tale obiettivo. Il permesso di circolazione deve essere consentito solo per i residenti possessori di veicoli non inquinanti e il carico/scarico delle merci consentito solo in alcune fasce orarie. Oltre che per i residenti invalidi.
  • razionalizzare e aumentare i parcheggi attorno alle mura deve essere il corollario necessario di questo primo obiettivo. I parcheggi devono essere ben evidenziati tramite segnaletica speciale e ben serviti da mezzi di mobilità urbana non inquinanti che siano immediatamente disponibili all’uso (biciclette) o che collegano con cadenza fissa le aree di sosta con il cuore della città (navette e trenini).
La casa della pace, per portare un altro esempio, è stata posta sotto sfratto e con essa tutte le attività culturali e di solidarietà che qui si producono quotidianamente. Riteniamo questo atteggiamento molto grave e contrario ai bisogni della città.
Affinché si possa effettivamente fare cultura occorre sia sostenere le importanti istituzioni della cultura locale che immaginare nuovi spazi e nuovi orizzonti della produzione culturale. Le due cose non devono essere scisse.


Scuola e Università. Il progetto fare comune parte dall’idea che non ci può essere comunità tangibile e condivisibile se la municipalità non interviene in tutte le modalità in suo possesso a favorire lo sviluppo di una scuola ed una Università laica, pubblica e capace di diffondere progettualità sul territorio. Le sinergie tra mondo della formazione e cultura della città andrebbero meglio sviluppate e implementate anche all’interno di eventi e manifestazioni capaci di generare contaminazioni inattese e sedimentare interessi, curiosità, auto-imprenditorialità.
Rifiutare l’idea che la cultura sia una merce è secondo il progetto di fare comune il presupposto fondamentale. La cultura può favorire la produzione di ricchezza e la organizzazione della impresa locale ma non può mai essere confusa con gli oggetti del consumo di massa.
La cultura della città cui noi pensiamo è una cultura che produce e sedimenta professionalità e vocazioni all’incontro e all’ospitalità sostenibile. Ma soprattutto è una cultura che produce legami sociali e favorisce il confronto tra mondi e immaginari. La cultura della nostra città deve essere cultura dell’incontro. Métissage.
Re-indirizzare (ma anche favorire le già attive manifestazioni come ad esempio il paganello) una parte delle attuali spese per la promozione turistica (troppo spesso volta a favorire le rendite di pochi attori sociali) nella progettazione e realizzazione di un festival (sul modello del festival della letteratura di Mantova) di incontri musicali, letterari, artistici e culturali in genere diffuso nella città in modo che si possa ricostruire e rigenerare la vocazione cittadina alla produzione di culture transettoriali e transdisciplinari. Il festival delle culture creative.
Tale evento permetterebbe di diffondere e quindi sedimentare una predisposizione alla organizzazione volontaria degli eventi culturali, permetterebbe di stimolare le attività culturali locali oltre che a favorire una opportuna cultura dell’ospitalità e dell’incontro. Cosa per cui in questa città negli ultimi anni non si è fatto davvero nulla.
Una città senza cultura è una città senza desiderio.
Le minoranze, tutte le minoranze sociali che attraversano la nostra città sono una ricchezza che va non solo rispettata ma valorizzata all’interno di un progetto comune di città e di sviluppo. Quest’ultimo a nostro avviso passa da questa opportunità.


Spazi sociali. Una città deve desiderare la sua libertà. Promuovere il desiderio a Rimini significa anche strappare le diverse soggettività cittadine, soprattutto quelle più giovani, all’inedia sociale del “divertimentificio” consumistico. Occorre cioè costruire le premesse e investire affinché i nostri giovani possano sentirsi parte di un progetto comune di città. Consegnare ai giovani di ogni quartiere spazi creativi di laboriosità. Luoghi comuni di progettazione della propria temporalità soggettiva. Luoghi di solidarietà, di condivisione e sedimentazione di nuovi immaginari e nuove professionalità. Luoghi che mettano l’arte al posto della deriva consumistica e televisiva. fare comune propone di recuperare gli ultimi spazi pubblici non ancora alienati e investire su di essi per favorire l’arte, la progettualità e le pratiche del comune. Uno spazio in ogni quartiere. Una metropoli che respira a pieni polmoni, che crea e progetta dal basso, questo il nostro obiettivo.
Il progetto fare comune si propone quindi di mappare prima e consegnare poi spazi ora inutilizzati alla progettualità giovanile della città. Tutto questo attraverso bandi di gestione che premieranno la sinergia tra laboriosità, creatività, originalità e solidarietà.


PROGRAMMA OPEN SOURCE