cultura

Rimini è una città che per vocazione storica e geografica abbisogna di fermentare una cultura dell’incontro e della diversità. Questo è il territorio intangibile che oltre che tessere i legami sociali dovrebbe sostenere la sua economia e il suo immaginario. Negli ultimi anni la cultura cittadina non è stata in grado di esprimere la sua potenzialità. Molti sono gli elementi che confermano tale andamento negativo. Primo fra tutti il progressivo degrado del centro storico, che da componente essenziale dell’identità del territorio è sempre più diventato uno spazio residuale e disabitato sia commercialmente che socialmente.
Gli unici spazi che continuano ad abitarlo sono quegli spazi di mero consumo e divertimento che pur essendo importanti non sono sufficienti a sollecitare la continua produzione di ricchezza di questa preziosa area della città. L’amministrazione contrariamente a quanto noi auspichiamo ha cercato di mercificare ulteriormente le poche attività sociali che si generano nel centro storico. La casa della pace ad esempio è stata posta sotto sfratto e con essa tutte le attività culturali e di solidarietà che qui si producono quotidianamente. Riteniamo questo atteggiamento molto grave e contrario ai bisogni della città. Affinché si possa effettivamente fare cultura occorre sia rinnovare le istituzioni classiche della cultura locale che immaginare nuovi spazi e nuovi orizzonti della produzione culturale.
Scuola e università al centro. fare comune parte dall’idea che non ci può essere comunità tangibile e condivisibile se la municipalità non interviene con tutti i mezzi in suo possesso a favorire lo sviluppo di una scuola ed una università laica, pubblica e capace di innervare di progettualità il suo territorio. Le sinergie tra mondo della formazione e cultura della città devono essere meglio sviluppate e implementate anche all’interno di eventi e manifestazioni capaci di generare contaminazioni inattese e sedimentare interessi, curiosità, auto-imprenditorialità. Favorire l’emersione di esperienze artistiche e sperimentali dovrebbe essere in questo un preciso dovere della amministrazione.
Rifiutare l’idea che la cultura sia una merce è secondo il progetto di fare comune un presupposto fondamentale. La cultura può favorire la produzione di ricchezza e la organizzazione della impresa locale ma non può mai essere confusa con gli oggetti del consumo di massa.
La cultura della città cui noi pensiamo è una cultura che produce e sedimenta professionalità e vocazioni all’incontro e all’ospitalità sostenibile. Ma soprattutto è una cultura che produce legami sociali e favorisce il confronto tra mondi e immaginari. La cultura della nostra città deve essere cultura dell’incontro. Le minoranze, tutte le minoranze che attraversano la nostra città sono una ricchezza che va non solo rispettata ma valorizzata all’interno di un progetto comune di città e di sviluppo.